Trump e l’energia: un ritorno alle politiche di produzione nazionale
Il presidente Trump ha presentato lunedì un ambizioso piano per aumentare la produzione di petrolio e gas negli Stati Uniti, dichiarando un’emergenza energetica nazionale. Il programma prevede la rimozione di ostacoli normativi, il ritiro dall’Accordo di Parigi sul clima e un’espansione dello sviluppo energetico interno per rafforzare la sicurezza nazionale e ridurre i costi per i consumatori.
Trump ha firmato un ordine esecutivo per ritirare formalmente gli Stati Uniti dall’accordo sul clima del 2015, marcando la seconda uscita del Paese sotto la sua amministrazione.
Il piano mira a rilassare le restrizioni ambientali sulle centrali energetiche, accelerare la costruzione di nuove infrastrutture energetiche e aprire nuove aree federali allo sviluppo. Secondo il Dipartimento dell’Energia, la domanda di elettricità negli Stati Uniti potrebbe triplicare nei prossimi tre anni, spinta da tecnologie come l’intelligenza artificiale.
L’amministrazione intende inoltre rifornire le riserve strategiche di petrolio, ridotte al livello più basso degli ultimi 40 anni dopo la vendita di 180 milioni di barili durante il conflitto in Ucraina nel 2022. Tra le altre misure previste, c’è l’abolizione di alcune iniziative per veicoli elettrici introdotte dall’amministrazione Biden e la protezione degli elettrodomestici a gas contro regolamenti volti a eliminarli.
Con questo piano, Trump punta a consolidare le politiche energetiche che avevano caratterizzato il suo primo mandato, includendo proposte non attuate all’epoca per sostenere l’industria del carbone.
Petrolio: calo dei prezzi tra annunci politici e stabilità geopolitica
I prezzi del petrolio hanno subito un calo lunedì, in seguito alle dichiarazioni del presidente Trump durante il suo discorso inaugurale. Trump ha annunciato l’intenzione di dichiarare immediatamente un’emergenza energetica nazionale, con piani per potenziare le riserve strategiche e incrementare le esportazioni di energia.
I futures sul Brent hanno perso 0,94 dollari (-1,16%), attestandosi a 79,79 dollari al barile nelle prime ore di scambio. Il WTI statunitense ha registrato un calo più marcato di 1,30 dollari (-1,67%), chiudendo a 76,74 dollari al barile. Il contratto WTI per marzo, il più scambiato, è sceso di 0,91 dollari (-1,19%) a 76,48 dollari. Non ci sono state liquidazioni per i contratti WTI a causa della festività.
Parallelamente, una riduzione delle tensioni in Medio Oriente ha contribuito a una pressione ribassista sui prezzi del petrolio. Il cessate il fuoco tra Hamas e Israele, attivo dopo 15 mesi di conflitto, è rimasto stabile lunedì. Inoltre, il gruppo Houthi dello Yemen ha dichiarato che limiterà gli attacchi alle navi collegate a Israele.
Informazioni sull'autore: Alessio Moretti
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