Il dilemma della difesa europea: sicurezza e vincoli fiscali
Le aziende della difesa europee stanno guadagnando crescente attenzione mentre l’Europa è sotto pressione per assumersi maggiori responsabilità nella propria sicurezza.
A giugno, la NATO dovrebbe fissare un nuovo obiettivo di spesa per la difesa compreso tra il 2,5% e il 3,0% del PIL. Questo potrebbe tradursi in un aumento della spesa annua per la difesa tra 85 e 176 miliardi di dollari solo in Europa. La Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha proposto una clausola d’emergenza per consentire un incremento delle spese per la difesa senza violare i limiti di deficit di bilancio. Tuttavia, secondo Politico, questa iniziativa potrebbe acuire le tensioni tra gli Stati membri, che presentano priorità fiscali divergenti.
Secondo Reuters ed EurActiv, anche il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e il leader della CDU/CSU Friedrich Merz si sono detti favorevoli ad aumentare la spesa militare dall’attuale 2% a oltre il 3% del PIL.
Un rapporto di Goldman Sachs del 13 febbraio ha delineato tre principali opzioni di finanziamento: emissione di debito nazionale, utilizzo dei meccanismi di debito esistenti dell’UE e creazione di un nuovo strumento finanziario europeo.
Sebbene il debito nazionale rappresenti la via più diretta, risulta in contrasto con le regole fiscali dell’UE, specialmente per paesi come Francia e Italia. L’impiego delle risorse residue del programma Next Generation EU (NGEU) potrebbe offrire una soluzione temporanea fino al 2026, ma è limitato allo 0,4% del PIL dell’UE. La creazione di un fondo europeo per la difesa, invece, richiederebbe lunghe procedure di approvazione e contributi aggiuntivi dagli Stati membri per salvaguardare il rating di credito dell’UE.
Giappone: crescita del PIL positiva, ma senza impatto sulla BoJ
I dati economici giapponesi mostrano un’espansione dello 0,7% su base trimestrale nel quarto trimestre del 2024, superando le previsioni di mercato dello 0,3%. Tuttavia, alcuni analisti hanno sottolineato che il principale fattore di crescita è stata la riduzione delle importazioni.
Nonostante il rallentamento della crescita dei consumi privati allo 0,1%, questo dato è stato comunque interpretato positivamente. Inoltre, la domanda interna ha beneficiato di una ripresa degli investimenti in conto capitale.
Sono stati evidenziati anche altri elementi favorevoli, come l’aumento del PIL nominale annualizzato del 2,8%, la crescita del deflatore, la remunerazione dei dipendenti e i costi unitari del lavoro. Tuttavia, l’impatto prospettico di questi dati appare limitato, dato che non sono state osservate revisioni significative delle previsioni di crescita del PIL.
Si prevede un rallentamento della crescita nel primo trimestre del 2025, seguito da una ripresa guidata da sostanziali aumenti salariali. I dati del PIL sembrano rafforzare la traiettoria di aumento dei tassi prevista dalla Banca del Giappone (BoJ), ma il consenso rimane orientato verso una prossima modifica dei tassi solo a metà anno.
Interessante notare l’assenza di discussioni significative sul rischio di un tasso terminale più elevato, argomento di crescente interesse nei media finanziari. Un sondaggio FX mensile condotto da Nikkei QUICK tra il 10 e il 12 febbraio su 67 partecipanti ha mostrato che metà degli intervistati prevede un tasso terminale dell’1%, in linea con le recenti narrative di mercato.
Informazioni sull'autore: Alessio Moretti
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